Carattere unitario del transetto
La chiesa di San Domenico è a pianta rettangolare, tipica della struttura basilicale. L'interno, però, è stato organizzato in maniera tale da formare una Croce latina. Il braccio verticale della Croce è costituito dalla navata mentre il braccio orizzontale è dato dal transetto. Al transetto è stata accordata una particolare attenzione nella decorazione e nella struttura. La Volta a botte è posta alla stessa altezza di quella della navata e del presbiterio.
Su un medaglione polilobato in stucco, posto al di sopra dell'arco che segna l'inizio del transetto, si legge: "HIC DEUM ADORA". Lo spazio disponibile sull'arco è decorato con due angeli e con ulteriori motivi floreali, quasi a sottolineare una maggiore sacralità dello spazio che segue. II transetto ha carattere unitario non solo nella struttura muraria, ma anche nella decorazione architettonica a stucco e nella distribuzione dell'apparato iconografico.
Sui pennacchi della zona centrale sono riportati i simboli iconografici delle tre virtù teologali e un calice. La fede è simboleggiata dalla Croce, la speranza da un'ancora, la carità da un cuore. Il calice indica il sacrificio di Gesù sulla croce, anticipato nell'ultima cena e attualizzato continuamente nell'Eucaristia, che compendia le tre virtù teologali.
In alto, al di sopra della trabeazione e a livello delle finestre, sono state applicate quattro cornici ellittiche in stucco nelle quali sono dipinti a tempera su intonaco personaggi dell'Antico Testamento: Mosè, che fa scaturire l'acqua dalla roccia; Giacobbe, che lotta con l'angelo; ancora Giacobbe, che sogna la scala che congiunge la terra al cielo; Abramo, mentre riceve l'annuncio della nascita di un figlio.
Sulle pareti di fondo del transetto sono applicate decorazioni a stucco con elementi architettonici. Ai lati delle pale d'altare si ergono due colonne per ciascun jato disposte in maniera prospettica. AI di sopra delle colonne si sviluppa una trabeazione spezzata. Gli spigoli della trabeazione sono sormontati dalle allegorie delle virtù cardinali: la temperanza e la prudenza sul braccio destro, la fortezza e la giustizia sul sinistro.
In ognuno degli spazi, tra le quattro coppie di colonne, e collocato un angelo Che regge un medaglione elliffico recante l'immagine di un evangelista: Luca e Matteo nel braccio destro, Giovanni e Marco in quello sinistro. Al di sopra delle pale, due medaglioni, posti in raggiere con volute e testine d'angelo, mostrano l'immagine di una Madonna con bambino, nel braccio destro del transetto, e di un bambino con un drago sotto i piedi, nel braccio sinistro.
SulIe pareti laterali si osservano tre dipinti raffiguranti i tre arcangeli di cui si conoscono i nomi: Gabriele (Ann- unciazione) nel braccio destro; Michele e Raffaele (con Tobia) nel braccio sinistro.
La Pala
La pala, alta cm 245 e larga cm 175, raffigura la Madonna con Bambino tra Santa Caterina da Siena e San Domenico che riceve la corona del rosario. Stilisticamente l'opera e riconducibile alla scuola di Nicola Gliri, attivo in Puglia nella seconda metà del XVII secolo. Il dipinto è caratterizzato dalla vivacità dei colori, dalla raffigurazione dei personaggi con labbra carnose, angoli della bocca decisamente volti verso l'alto, mento con fossetta e piuttosto pronunciato, dalla rigidità nelle posture, dal panneggio ricco di pieghe e di sfumature di colore. Sullo sfondo, costituito da nembi, angioletti in vezzosi atteggiamenti fanno capolino o si adagiano sulle nuvole: questi presentano rimarchevoli affinità con quelli dipinti sulle tele dell'Esaltazione della Croce e di Santa Rosa da Lima.
La pala, collocata sull'altare del transetto, è ben conservata. Al centro la Madonna è dipinta seduta e con il Bambino che le sta, in piedi, sulla gamba sinistra ed in dialogo con Santa Caterina. Maria porge la corona del rosario a San Domenico.
San Domenico è presentato con l'abito dell'Ordine da lui fondato: tunica e scapolare blanchi, mantello nero. Egli è genuflesso davanti alla Madonna con il Bambino sulla gamba. Iconograficamente è identificato da una stella posta sul capo. Questo segno è legato ad una notizia della sua infanzia riportata dal domenicano Enrico Lacordaire. Egli racconta che, quando Domenico fu portato al fonte per il battesimo, un prodigio manifestò la grandezza che avrebbe ricoperto nella vita della Chiesa: la madrina vide una stella risplendere mirabilmente sulla fronte del battezzato. Al gesto di consegna del rosario fa eco la frase, intarsiata nello schienale dello scranno centrale del coro, che recita: "Fili mi, Dominice, praedica rosarium maum" (Domenico, figlio mio, diffondi il mio rosario).
Di fronte a San Domenico è raffigurata Santa Caterina da Siena, negli abiti dell'ordine, anche lei genuflessa, con la mano destra sul cuore e un libro chiuso nella mano sinistra.
I misteri del Rosario
II perimetro della tela è occupato da quindici riquadri ellittici, raccordati da motivi floreali, in cui sono illustrati i misteri dei rosario. Nella cornice in stucco al di sopra della pala si legge, in sintonia con il contenuto della tela, una frase del Siracide attribuita a Maria "Ego quasi plantatio rosae" (Sono cresciuta come pianta di rosa - Sir 24,14). Ii termine rosario, da rosarium (roseto), ha preso nel secolo XIII il significato mistico di corona di rose a Maria. I quindici misteri sono legati a tre momenti particolarmente significativi delia vita di Gesù e di Maria: l'infanzia di Gesù (misteri della gioia), la sua passione (misteri del dolore) e la sua vita da risorto seduto alla destra dei Padre (misteri della gloria). Giovanni Paolo II nel 2003, anno del rosario, ha integrato la preghiera con i misteri della luce, legati alla vita pubblica di Gesù.
La Temperanza
Al di sopra della trabeazione sovrastante la coppia di colonne di destra è collocata una figura femminile in stucco di ignoto scultore del XVIII secolo: è l’allegoria della virtù cardinale della temperanza.
È raffigurata nell’atto di versare vino da una piccola anfora ad una più grande contenente acqua.
Il senso del gesto va ricercato nell’etimologia latina della parola “temperare” , che consiste nel mescolare il vino forte con dell’acqua pura.
La temperanza, intesa come moderazione e sostanziale equilibrio tra gli eccessi, si collega alle virtù umane della semplicità, cortesia, rispetto, equilibrio, umiltà. È una delle quattro “virtù cardinali “, così chiamate perché fanno da supporto e riferimento a numerose altre, e sono sostenute e rafforzate dal dono dello Spirito Santo.
La Prudenza
L’opera, di ignoto scultore del XVIII sec., è collocata sulla trabeazione sovrastante la coppia di colonne di sinistra.
La virtù della prudenza è raffigurata nelle sembianze di una giovane donna; la figura ha un serpentello nella mano destra mentre nella mano sinistra, molto probabilmente, uno specchio, venuto a mancare. Il serpente e lo specchio sono il simbolo iconografico distintivo della prudenza.
La virtù della prudenza comporta la capacità di conoscere se stessi: è condizione preliminare per la realizzazione del bene. Si tratta della consapevolezza di non poter regolare le proprie azioni senza prima conoscere e correggere i propri difetti. Il simbolo iconografico dello specchio traduce e trae la sua origine dall’invito che Socrate faceva di guardarsi ogni mattina nello specchio.
La prudenza comporta anche una certa dose di sapienza nell’affrontare le situazioni. E nell’antichità il serpente è simbolo di sapienza . Il vangelo (Mt,10,16) dice: “siate prudenti come serpenti”. La prudenza presuppone la capacità di freno, l’abilità nel praticare i percorsi della vita evitando pericolosi eccessi.
I medaglioni
A destra sul transetto, risaltano tre medaglioni ellittici, alti 60 cm e larghi 45 cm, che fanno parte dell’altare.
Le tre immagini sono accomunate dal tema di Maria, madre di Gesu’.
Il medaglione centrale raffigura la MADONNA COL BAMBINO, realizzata a rilievo con effetti chiaroscuri molto più marcati rispetto agli altri due.
Sul lato destro c’è il secondo medaglione dove si osserva la figura dell’ EVANGELISTA LUCA. Luca identificato, qui, con i simboli iconografici della tavolozza e del pennello. La scelta è in sintonia con il tema generale dell’altare, perché, secondo un’antica leggenda, San Luca sarebbe l’autore di numerose raffigurazioni di Maria madre di Gesù.
Nell’intercolumnio sinistro è rappresentato L’EVANGELISTA MATTEO. È raffigurato nell’atto di scrivere mentre si gira verso l’angelo ispiratore che è il simbolo iconografico specifico di questo autore sacro.
Annunciazione
Il dipinto, alto 200 cm e largo 120 cm, raffigurata l’arcangelo Gabriele che annuncia a Maria il concepimento e la nascita di Gesù.
L’opera è ragionevolmente attribuibile all’artista Vincenzo Fato, poiché presenta molte caratteristiche della sua pittura. In questa tela i colori attenuati e prevalentemente poco saturi rendono bene l’atmosfera mistica ed intima dell’annuncio .
Sono rimarchevoli le somiglianze tra il volto di Maria ed i volti femminili dipinti in altre due opere esistenti in questa stessa chiesa la Sacra Famiglia e Santa Caterina de’ Ricci.
Mosè...
All’altezza delle finestre del transetto, sopra l’imposta della volta, sono stati dipinti in cornici ellittiche Abramo, Giacobbe e Mosè, che rappresentano il tempo precedente del popolo nella terra promessa. Questi personaggi sono caratterizzati dall’aver vissuto un particolare incontro con Dio.
MOSÈ FA SCATURIRE ACQUA DALLA ROCCIA
Il dipinto, alto 150 cm e largo 130 cm, rappresenta Mosè, con il bastone in mano , in piedi vicino ad una parete rocciosa, dalla quale sgorga abbondante acqua.
Sul lato destro, un uomo inginocchiato ed alcune donne con le anfore, simboleggiano il popolo messo nella condizione di soddisfare la sete.
In primo piano, disteso su un lastrone, un uomo, macilento e quasi nudo, tende la mano verso un’anfora, che gli sta vicino. Simboleggia il rischio di morte per sete corso dal popolo.
Giacobbe...
GIACOBBE LOTTA CON UN ANGELO
Il dipinto, alto 150 cm e largo 130 cm, raffigura due persone che stanno lottando: Giacobbe e un angelo.
Giacobbe tiene saldamente afferrato per la vita il personaggio con cui lotta ; il gesto traduce graficamente la ferma volontà del patriarca di ricevere la benedizione.
Il dipinto traduce il momento di lotta narrato nel capitolo 32 del libro della Genesi.